Sociologia pubblica
Quando hai passato parte della tua vita a prendere i mezzi pubblici, in qualche modo rimani segnata, c’è un parte di te che sa bene la sofferenza atroce che d’estate alcuni provano a salire in metro o in bus,
Appena sali l’odore arriva, non capisci la direzione ma l’inconfondibile puzzo ascellare già si sente, sei solo la primo gradino del 60 e già l’acre aroma entra nel naso. Lui non sa di puzzare? Come fa la gente a respirare senza aprire i finestrini? E soprattutto chi è?…passare ore nel traffico a localizzare con il radar olfattivo il puzzone di turno era diventata la mia mania…ma niente, è impossibile.
C’è la signora che ha freddo- anche a ad agosto- e impone di spegnere quel filo di aria condizionata che ti avvolge e che chiude tutto, e intanto l’afa sale e non si può dire nulla o inizia a prenderti a urla o alza il bastone, perché lei lo sapeva che l’avremmo volentieri fatta fuori e si è armata.
Quella che sta tutto il tempo al cellulare che tu ti domandi chi paga la conversazione visto che per due ore sta lì che chiacchiera degli affari degli altri e tu, incuriosita, il giorno dopo cerchi di stare in fermata alla stessa ora per sentirti il continuo della chiacchierata e per sapere come è andata la serata a Marta…
La signora che non arriva alle maniglie e ti si attacca come una cozza agli scogli che ti sale sopra alle scarpe aperte e che tu mentre maledici di essertele messe, cade o perde l’equilibrio e ti ritrovi con le sue tre borse addosso…piene di spesa…
Poi c’è l’universitario alternativo con le sue cuffie isolato dal contesto che cerca di essere estraneo a tutti e che continua a cercare un punto indefinito con lo sguardo. Tu ascolti la sua musica e ti chiedi come faccia a non essere sordo con la Pausini a tutto volume. Poi c’è il branco, di solito studenti delle superiori, in vacanza al centro che inneggiano ai tanga delle sconosciute e ridacchiano delle scollature…di solito hanno in mente grandi ricordi di scuola e presumono che tutto l’autobus li voglia sapere...indi urlano!
I turisti, giapponesi in testa, che cercano di capire con le piantine dove sono e quanto manca, che spingono per respirare e allargare i loro libri di foto e che cercano di rimanere uniti allora si legano tra loro, s’avvinghiano per fare massa e si creano come dei blocchi umani altri 1 metro e 50 e li vedi che escono ancora tutti attaccati e sudati…
Infine c’è il pendolare, un soggetto introverso munito di tutto: acqua, libro corso di lingua inglese per fare esercizio, musica, giornali, in testa Leggo e Metro, poi anche dolci per cali di zucchero improvvisi e maglia di ricambio…sta seduto e non parla, non si relaziona non si lamenta, sta lì seduto sulla pelle della sedia, non si muove.. aspetta la sua fermata e basta.
Alla fine scendi stanca come se fossi stata tre giorni di fila in palestra, che puzzi come un cane bagnato e pronta per cominciare otto ore di lavoro, e per ripartire con i mezzi alle 18 in punto.
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